Croce di Rosano, sec. XII
L'Opificio ha recentemente ultimato il complesso restauro della Croce dipinta appartenente al Monastero di Rosano e databile al secolo XII, opera che rappresenta uno dei più antichi testi pittorici dell'arte italiana.
L'intervento di restauro è stato contrassegnato da una serie di interessanti scoperte che hanno consentito di gettare nuova luce sull'opera, sul suo significato e sulla particolare tecnica artistica impiegata. Questo restauro si colloca, infatti, all'interno di un più ampio progetto di studio sulla tecnica della pittura su tavola in un secolo così lontano, iniziato con il restauro della Croce di Maestro Guglielmo di Sarzana (datata 1138), che fin da un primo esame appariva molto diversa da quella più conosciuta nelle opere dei secoli successivi, e continuato poi attraverso il restauro della Madonna di Santa Maria Maggiore di Firenze e lo studio comparato dell'arte pisana del XII e XIII secolo, in occasione della mostra Cimabue a Pisa del 2004. E' infatti evidente quanto sia non corretto ricercare nei dipinti di questo secolo XII i parametri tecnici più noti, ma successivi, quelli cioè della pittura giottesca (così come codificati dal Libro dell'Arte di Cennino Cennino): in assenza di una precisa trattatistica sulla pittura del XII secolo, risulta quindi particolarmente importante lo studio diretto dei testi materiali. L'intervento di restauro sulla Croce di Rosano, quindi, ha avuto una doppia valenza: di conservazione del prezioso dipinto e di studio delle sue caratteristiche tecniche.
Una particolarità di questo restauro che fin dall'inizio si è rivelata importantissima e anche affascinante dal punto di vista storico è stato l'aver scoperto che l'opera non aveva mai subito prima un vero e proprio restauro (solo interventi di adeguamento dimensionale) e dunque presentava assolutamente integra su tutta la superficie pittorica la vernice originale, cosa invero assai rara, coperta solo da strati di sporco e depositi atmosferici e da una vernice più recente, probabilmente seicentesca. Probabilmente questo ultimo strato risale infatti all'epoca in cui la Croce venne resecata in alto e in basso, privandola tra l'altro del titulus crucis e verosimilmente di un tabellone con storia dipinta superiore, per necessità interenti un suo spostamento di collocazione: i documenti dell'epoca, infatti, la citano al di sotto di un organo, nella controfacciata della chiesa.,Nella stessa occasione venne aggiunta anche una cornice intagliata e dorata, inchiodata e incollata sulla superficie pittorica perimetralmente , che copriva parte della raffigurazione pittorica, che originariamente arrivava infatti fino al bordo estremo, (e infatti nel corso del restauro non si sono trovate tracce che attestassero la presenza di alcuna cornice originale).
Il supporto è costruito con solide assi di castagno, l'essenza legnosa usato di prevalenza nelle opere toscane del secolo XII,. Pur essendo in buone condizioni come materia, esso mostrava gravi segni di cedimento strutturale, nella giunzione principale dell'incastro tra il corpo verticale ed il braccio orizzontale, e nel raccordo tra tavolato e traverse, ormai quasi del tutto staccate dal supporto stesso. E' stato perciò necessario un complesso lavoro di riadesione delle parti e di risanamento delle zone degradate, previa separazione degli elementi costitutivi al fine anche di rimuovere lo sporco accumulatosi negli spazi interni. La protezione dall'attacco di insetti xilofagi e un generale consolidamento della parte esterna del legno hanno completato l'intervento sul supporto.
La pulitura della pellicola pittorica ha rivelato molte particolarità tecniche, a cominciare dalal struttura degli strati preparatori: questi sono costituiti da un doppio strato di una tela assai sottile, e varie stesure, assai sottili e a granulometria molto fine, del gesso (che si è rivelato essere anidro e legato con gomma vegetale anziché con colla animale come di consueto). La doratura a guazzo è applicata senza lo strato sottostante a base di bolo; la materia pittorica è molto sottile, i pigmenti stesiCentro studi e ricerche di
architettura e storia d' arte grafica european center of fine
arts. con scarso corpo e con forti analogie con la tecnica coeva della miniatura.
Tutte queste scoperte sono state rese possibile da una importante campagna diagnostica di indagine condotta sia dal Laboratorio scientifico dell'OPD, sia da una serie di collaborazioni con altri Istituti di ricerca (ENEA, IFAC-CNR, INOA, INFN, ecc.).
E' stata inoltre scoperta una cavità nascosta nel braccio verticale di croce che ospitava una reliquia, un frammento di osso e una piccola croce in pietra, di forma simile a quella che i crociati riportavano dalla Terra Santa
E forse proprio in relazione al ritorno di un crociato illustre l'opera venne commissionata. Si pensa infatti che un evento plausibile, anche per motivi di ordine cronologico, sia quello della monacazione nel 1130, di Sofia dell'illustre famiglia dei grandi feudatari toscani dei Conti Guidi che in quella data, il 25 marzo, prese il velo giovanissima nel monastero di Rosano, che poi era destinata a reggere come badessa. La sua monacazione che coincise con la solenne consacrazione della nuova chiesa, e una ricchissima dotazione devoluta al monastero da parte dei Conti Guidi. La giovane Sofia era orfana del padre, il temibile Guido Guerra, già alleato di Matilde di Canossa, morto probabilmente in seguito a malattia contratta in Terra Santa dov'era stato crociato. E' quindi possibile che la reliquia e la piccola croce ritrovate all'interno della Croce, fossero il pegno di un ex-voto o comunque il ricordo del padre della committente.
E certo una accentuazione iconologia relativa al Sepolcro è presente nelle storie che circondano il Christus Triumphans di Rosano. Ben cinque sono le storie post mortem, essendone due sole dedicate alla passione vera e propria, contrariamente a quanto avviene nelle altre Croci dipinte; tre sono scene funerarie vere e proprie e una racconta di una altro sepolcro, quello del Limbo, destinato ai patriarchi.
La scelta principale del restauro è stata basata sulla ovvia considerazione della straordinaria importanza della Croce quale documento artistico e materico di un così lontano periodo storico, dalla quale abbiamo derivato due considerazioni: la volontà di rendere leggibile con la maggior chiarezza possibile questo documento, eliminando le trasformazioni successive (cornice e nuova vernice), e la decisione di ridurre al minimo indispensabile la fase di reintegrazione delle lacune, soprattutto di quelle perimetrali, per alterare il meno possibile la sua autenticità e non appesantire il dipinto con la nostra materia moderna. Molto delicata è stata la fase della pulitura che ha previsto di conservare la vernice antica, a base di gomma vegetale , ma di assottigliarla leggermente per compensare il forte fenomeno di alterazione e di inscurimento al quale essa era andata incontro col tempo: scelta che ha cercato di far convivere dialetticamente i due opposti valori del rispetto della materia originale e del ristabilimento della sua funzione, che era quella di esaltare la pittura e non certo di renderla quasi invisibile.
Le novità dal punto di vista storico artistico dovranno essere attentamente valutate dagli studiosi, ma sembrano evidenti alcune prime riflessioni: la totale assenza di influssi bizantini e la presenza di un linguaggio occidentale e romanico; la volontà descrittiva quasi "realistica" di alcuni dettagli; la resa plastica di luci e di ombre, sia pur nel generale schematismo, di alcuni dettagli del carnato, come, per esempio, nelle gambe.
L'intervento di restauro è stato agevolato dal generoso contributo del Banco Desio s.p.a., che ha messo a disposizione delle risorse aggiuntive che hanno reso possibile una più veloce conclusione dei lavori.
Gli studi e le ricerche compiute sulle Croce di Rosano sono stati oggetto del volume La Croce dipinta dell'Abbazia di Rosano. Visibile e invisibile. Studio e restauro per la comprensione a cura di Marco Ciatti, Cecilia Frosinini e Roberto Bellucci, parte della collana "Problemi di Conservazione e Restauro" dell'Opificio.
Direzione del Restauro
Marco Ciatti, Cecilia Frosinini
Restauro
Roberto Bellucci (coordinamento e restauro della parte pittorica), coadiuvato da Francesca Bettini, Linda Lucarelli, Salvatore Meccio, Kyoko Nakahara.
Ciro Castelli, Mauro Parri, Andrea Santacesaria (per il supporto ligneo), con la collaborazione di Salvatore Meccio
Indagini scientifiche
- Laboratorio Scientifico dell'OPD
- ENEA di Roma
- INOA-CNR di Firenze
- IFAC - CNR di Firenze
- INFN, sezione di Firenze
- Università di Firenze, Dipartimento di Scienze della Terra
Documentazione fotografica
Sergio Cipriani